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⌥ A piedi nudi nel parco

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La cosa davvero sorprendente dell’affaire torinese non sono le volgarità da baraccone della signora Albanese: quelle sono una costante, come i temporali d’estate. A stupire è lo stupore. Tutti lì, improvvisamente scandalizzati per una figura pubblica che da anni semina schifezze come confetti a un matrimonio di periferia. Davvero solo ora si accorgono del livello?

Ma il pezzo forte non è neppure lei. È il vescovo di Pinerolo, Derio Olivero, che ha deciso di infiocchettare l’imam Mohamed Shahin come un campione di dialogo. Un uomo che “ha sempre lavorato per la collaborazione”. E che ora, poverino, “rischia di essere espulso per alcune opinioni”. Alcune opinioni? Davvero?

Perché qui non si parla di una disputa teologica sulla transustanziazione. Shahin ha definito il pogrom del 7 ottobre un “atto di resistenza”, partorito dopo “anni di occupazione”. Milleduecento persone massacrate, stuprate, bruciate vive. Famiglie sterminate. Bambini presi in ostaggio. Ma per il vescovo, tutto rientra nel messale delle opinioni.

Questa indulgenza clericale verso chi giustifica i macellai è l’ennesima tacca su un’ingenuità che ormai rasenta la complicità. E mentre l’Italia scopre con ritardo decennale che non tutto ciò che indossa una kefiya è automaticamente un operatore di pace, resta solo una domanda aperta: il nuovo papa — quello che entra scalzo nelle moschee turche sorvegliando il proprio pedicure spirituale — avrà qualcosa da dire, o anche per lui si tratta di semplici opinioni?

Che qualcuno batta un colpo. Perché qui, a forza di minimizzare, si finisce per chiamare la barbarie “dialogo” e la propaganda “collaborazione”. E poi ci si stupisce degli strascichi..


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