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A 20 anni dal disimpegno israeliano da Gaza, lo storico discorso di Ariel Sharon agli israeliani

Anna Borioni

Tempo di Lettura: 3 min
A 20 anni dal disimpegno israeliano da Gaza, lo storico discorso di Ariel Sharon agli israeliani

«Il ritiro è un passo importante verso il raggiungimento della visione di due Stati democratici, Israele e Palestina, che vivano fianco a fianco in pace e sicurezza»: così si esprimeva il Quartetto diplomatico – Onu, Unione europea, Russia e Stati Uniti – il 20 settembre 2005, salutando il ritiro di Israele dalla Striscia di Gaza che si stava completando in quei giorni.

Voluto dall’allora primo ministro israeliano Ariel Sharon, il “Piano di disimpegno unilaterale israeliano” rimosse, anche con la forza, gli oltre 8.000 abitanti dei 21 insediamenti di coloni israeliani presenti a Gaza e alcune centinaia di coloni in quattro villaggi della Cisgiordania. La comunità internazionale lo considerò un passo avanti importante verso una soluzione pacifica del conflitto israelo-palestinese.

La scelta di Sharon era gravida di rischi. Il disimpegno avveniva in un momento drammatico per Israele, che dal 2001 fronteggiava la Seconda Intifada, con un’ondata di attentati terroristici contro i civili e il lancio di missili Qassam da Gaza, rivendicati da Hamas, Jihad islamica, Brigata Martiri di al-Aqsa e Fplp.

Il Piano prevedeva che Israele mantenesse il controllo dello spazio aereo e marittimo, continuasse a provvedere alla fornitura di acqua, energia, comunicazioni e fognature, garantisse gli accordi doganali preesistenti. Una sovranità limitata, ma pur sempre una sovranità, che poteva rappresentare un nuovo corso e lasciare agli abitanti di Gaza la libertà di decidere il proprio futuro.

«Ora tocca ai palestinesi» è forse l’immagine più significativa evocata dallo storico discorso pronunciato da Sharon il 15 agosto in diretta tv, alla vigilia delle operazioni di sgombero. Ai palestinesi spettava «combattere le organizzazioni terroristiche e smantellare la loro infrastruttura, mostrare intenzioni sincere per ottenere la pace e sedersi con noi al tavolo delle trattative. Il mondo aspetta la risposta palestinese: una mano tesa per la pace o il fuoco del terrore. A una mano tesa risponderemo con un ramo d’ulivo, ma risponderemo con durezza al fuoco con il fuoco». Per aiutare l’economia di Gaza, Israele aveva lasciato ai palestinesi le sue 3.000 serre, che producevano frutta e fiori per l’esportazione.

La risposta arrivò subito: le serre e le infrastrutture israeliane furono distrutte. Nel 2006 le elezioni per il Consiglio legislativo palestinese registrarono la vittoria di Hamas, che aveva nello statuto l’obiettivo della distruzione di Israele e si era opposta agli accordi di Oslo. Nel 2007, dopo un feroce scontro interno, Hamas prese il controllo della Striscia, espellendo o uccidendo gli appartenenti ad al-Fatah.

La mano tesa per la pace non arrivò mai. I lanci di missili da Gaza e gli attentati contro i civili israeliani non cessarono, provocando – come promesso da Sharon – dure reazioni da parte dei governi israeliani. I finanziamenti internazionali furono utilizzati da Hamas per trasformare Gaza in una fortezza sotterranea, impossessarsi dell’Unrwa come strumento di propaganda, acquistare armi e organizzare la guerra fino al massacro del 7 ottobre 2023.

Sharon ha sbagliato? Le diverse leadership israeliane hanno certamente commesso errori, ma non hanno mai rinunciato a cercare soluzioni pacifiche: pace in cambio di territori, Oslo, Camp David, disimpegno da Gaza. Tutte mani tese, tutte occasioni che i palestinesi potevano cogliere per costruire il loro Stato. Anche oggi, nel mezzo di una guerra feroce, resta la possibilità per i palestinesi di tendere finalmente una mano alla pace: liberare gli ostaggi e avviare un nuovo corso.

Visualizza il documento del discorso di Ariel Sharon


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